Lo abbiamo un PIANO per la Vita?

Tutti hanno un piano per noi, un piano che ci riguarda, ci fanno proposte, ci rivolgono richieste, si aspettano che noi facciamo o reagiamo in una certa maniera secondo le loro previsioni.

Proviamo a pensarci, chi sarebbero queste persone che così sollecitamente ci portano nei loro pensieri e che cosa vogliono da noi?

Sono le persone che collaborano con noi nel lavoro, sia che siano soci, dipendenti o superiori. Certamente questi si aspettano che facciamo bene la nostra parte, che ci impegniamo e non creiamo difficoltà.

Qualcuno magri spera che facciamo anche di più, che andiamo al di la dei nostri compiti e che li solleviamo dalla loro fatica o dalle responsabilità.

Altri sono i clienti o chi usufruisce del nostro lavoro. Anch’essi hanno aspettative e sperano di trarre vantaggio dal nostro lavoro.

Poi ci sono i famigliari che si aspettano che svolgiamo il nostro ruolo in famiglia. Alle volte ci sembra che ci rivolgano richieste molto pressanti in tal senso, forse anche eccessive, altre rimangono semplicemente ad aspettare sperando che riconosciamo le nostre responsabilità e che provvediamo ai loro bisogni.

Poi ci sono gli operatori dei mezzi di comunicazione, sia del web che di quelli più tradizionali. Questi si ingegnano a fare piani molto complessi e sofisticati per avere la nostra attenzione, che  poi tradurranno in guadagni economici.

Ci sono anche i politici che agiscono e parlano in larga misura per guadagnarsi in nostro consenso, un capitale spendere poi come sostegno alle loro posizioni di potere e da tradurre in voti alle elezioni.

Sarebbe veramente strano se con tante persone interessate a noi, in un modo o nell’altro,  fossimo proprio noi a non avere un piano su noi stessi.

Eppure capita.

Magari ci si impegna per anni nel raggiungere qualche risultato importante sul piano dello studio o del lavoro, e una volta raggiunto si rimane ad indugiare nella sensazione di essere arrivati.

Capita così che incominciamo a tentare di consolidare la nostra posizione ed a cercare un maggior grado di sicurezza smettendo di pensare a come proseguire il percorso compiuto fino al momento presente.

Non ostante quello che ci diciamo, è come se perdessimo via via interesse per l’avventura e il gusto del rischio e imparassimo a gestore la nostra quotidianità limitandoci a cercare una sempre maggior comodità nella vita personale.

Allora se qualcuno ci pone a bruciapelo domande del tipo: “adesso che cosa vuoi dalla vita?”, “che cosa ti aspetti di realizzare?”,  “per che cosa lotti e ti impegni?”, “quali sono le tue priorità?” o “che cosa merita oggi la tua fatica ed il tuo impegno?” rischiamo di rimanere in imbarazzo non sapendo che cosa rispondere a una domanda tanto semplice quanto inattesa.

pianificare o improvvisare

In effetti nella vita ci si trova a confrontarsi con un dilemma fondamentale, che può essere sintetizzato nel confronto far due atteggiamenti: quello votato al controllo ed alla pianificazione attenta della nostra vita e il “carpe diem”, lo stile di vita con cui si vive il presente giorno per giorno, cogliendo le occasioni che la vita presenta e reagendo nell’immediato agli accidenti occasionali senza fasciarsi troppo la testa per prevedere il futuro, poiché: “del doman non v’è certezza”.

Come spesso accade nella vita fra due posizioni antinomiche così contrastanti è impossibile definire quale sia quella giusta, in ogni caso e per tutte le situazioni.

Entrambe hanno ragioni e senso per alcuni versi e per altri appaiono deleterie ed anche illusorie. Piuttosto si tratta di saper mantenere un certo equilibrio fra le due  adattandosi alle circostanze ed ai nostri bisogni con elasticità e intelligenza.

Se infatti la pretesa di avere il controllo totale sulla nostra vita è un’illusione che l’esperienza non mancherà di smentire, pure non saper pianificare una nostra azione nel tempo e non saper procrastinare la soddisfazione dei nostri desideri in vista di un bene maggiore, non consente di raggiungere obiettivi significativi nella vita.

Così come occorre flessibilità per reagire ai problemi inattesi, cosa non possibile rimanendo aderenti a programmi troppo rigidi e definiti, neppure però si riesce a risolvere difficoltà di un certo rilevo senza un minimo di lungimiranza strategica.

Certo è che questa questione ci coglie spesso impreparati, infatti fino ad un certo punto il problema per noi non si pone.

Praticamente la quasi totalità delle persone nella nostra società non cresce preparata a fare dei grossi piani esistenziali fino a ben oltre l’adolescenza e solo in un senso abbastanza relativo.

Nelle scuole dell’obbligo prima, in quelle del ciclo medio superiore poi e magari anche all’università, allo studente non viene richiesta una grande capacità strategica progettuale.

Certo all’università non ci sono più le scadenze stringenti dei primi cicli scolatici scanditi dalle interrogazioni, dai voti e poi dagli esami, tuttavia la strada è segnata, la si può percorrere in maniera più o meno  spedita ma gli esami hanno il loro calendario e bisogna farli tutti in una certa sequenze per arrivare al momento in cui si affronta la discussione della tesi.

Per chi termina prima gli studi e si avvia ad un lavoro non è che oggi le cose siamo poi tanto diverse.

Qui le scadenze sono determinate dalla sequenza più o meno inevitabile di tirocini, apprendistato, lavori precari successivi a tempo determinato, ecc.

Fino ad un certo punto dunque la strada è sostanzialmente tracciata, poi però il rischio è che si prosegua sul percorso iniziato passando da un colloquio ad un altro, da un esperienza temporanea ad una un po’ più lunga, senza realmente avere la sensazione di aver compiuto scelte personali convinte e del tutto consapevoli.

E’ vero che guardandosi intorno ampia appare la varietà di strade percorribili in teoria, in partica però la maggior pare di queste appaiono impraticabili o troppo difficili e costose da raggiungere.

Anche perché più passa il tempo e più appare difficile cambiare rotta, anche se quella intrapresa non è poi così gratificante, vuoi perché ormai su di essa sono già stati fatti notevoli investimenti economici ed emotivi, ma anche perché, progressivamente la nostra identità sociale si stabilizza su di essa, la stessa su cui convergono le aspettative familiari.

Il rischio e dunque quello di rimanere bloccati non riuscendo a tracciare una rotta veramente scelta e voluta, con la sensazione crescente che le scelte fatte non ci appartengano,  così da generare un misto tra frustrazione per la mancata espressione delle proprie potenzialità, ansia per il futuro e paura di tradire l’impegno e l’investimento personalmente e dai famigliari.

In ciò gioca molto ciò che abbiamo interiorizzato culturalmente, specie riguardo alle polarità valoriali relative di ‘sicurezza vs. intraprendenza’ e di ‘autonomia vs. dipendenza’ ed il valore ricoperto dagli ideali di successo e di realizzazione autonoma, in alternativa a quelli di simbiosi affettiva e di attaccamento alle tradizioni nel contesto sociale prossimo in cui si è cresciuti.

un piano ben concepito

Detto ciò si può concordare che in fondo convenga avere a disposizione una rotta di viaggio che, se proprio non porti ad una destinazione precisa e predeterminata, almeno istruisca sulla direzione da mantenere.

Considerando che la vita presenta occasioni, opportunità e ostacoli che non sempre sono prevedibili, un piano di viaggio esistenziale non può però mai essere troppo rigido o specifico. Durante il viaggio sarà sicuramente sicuro e relativamente agevole sfruttare le strade frequentate e già tracciate da altri, ma sono pur sempre in agguato ostacoli o anche novità impreviste che richiederanno cambi di rotta improvvisi e grande spirito di adattamento.

Oltre tutto i successi maggiori si raggiungono spesso percorrendo sentieri poco battuti e talvolta la soddisfazione maggiore la si trova avventurandosi fuori strada per territori poco esplorati.

Tre capacità si dimostrano quindi necessarie:

  1. saper tracciare una rotta
  2. saper leggere il terreno
  3. saper valutare i mezzi disponibili o raggiungibili

una direzione

Per prima cosa occorre individuare la direzione da percorrere al fine di giungere alla meta desiderata.

Questo passaggio può sembrare abbastanza scontato tanto che spesso non è oggetto di attente riflessioni, eppure se ci si ferma a pensare tanto ovvio non è.

Verso che cosa vogliamo indirizzare i nostri sforzi? Che cosa vorremmo aver raggiunto fra 10 o 20 anni? in che condizioni ci piacerebbe trovarci?

La nostra società sembra proporci delle mete preconfezionate su cui non sembrano possibili grosse obbiezioni: si lavora per il risultato economico, magari si considera il successo sociale un valore, così come la realizzazione personale basta sulla costituzione di una famiglia, sul raggiungimento di una certa sicurezza e uno stile di vita confortevole.

Ma questi valori ed interessi ci appartengono realmente o sono unicamente una proiezione del tipico modello di vita “borghese” occidentale? Corrispondono alle nostre esigenze o sono parte di uno stile di vita proposto dalla comunicazione commerciale in quanto funzionale al modello economico bastato sulla produzione e sul consumo di beni e di servizi offerti dal Mercato?

Per poter rispondere a questa domanda dovremmo conoscere sufficientemente i bisogni fondamentali la cui soddisfazione è alla base del nostro benessere, così come i desideri profondi consoni alle nostre aspirazioni più vere e personali.

Altrimenti rischieremmo, come capita a molte persone, di ritrovarci a un certo punto della vita a trarre un bilancio deludente e frustrante della vita, impoverita anziché arricchita dalla ricerca di molte cose che a prima vista possono apparire imprescindibili, ma che possono indurre a trascurare aspetti importanti della salute fisica, psicologica e sociale.

Una volta raggiunta una certa consapevolezza della gerarchia di bisogni che abbiamo necessità di soddisfare per raggiungere in nostro benessere, sarà opportuno metterli in relazione con i nostri valori ed i limiti sociali esistenti, così da individuare i modi di appagare le nostre esigenze mentendo un buon senso di coerenza etica, di gratificazione spirituale e di adattamento sociale.

le risorse

Il passo successivo non può che essere lo studio delle risorse necessraie per questo viaggio.

Non basta infatti aver identificato la propria “vocazione” se non si sa come perseguirla, con che mezzi ed in quali condizioni.

Occorrerà dunque studiare il modo per realizzare i propri progetti in modo concreto, individuando quali sono le vie canoniche per giungervi e vedere se è possibile individuarne altre alternative preferibili nel mio caso specifico.

Poi sarà importante definire i mezzi per arrivare alla meta, vedere quali risorse utili ho a disposizione e quali capacità ho acquisito nel passato, magari in contesti anche molto diversi, che ora potrebbero rivelarsi preziose.

Può però capitare ci si scopra del tutto disarmati per pensare di iniziare subito l’avventura e cadere perciò nella tentazione di scoraggiarsi perdendo tutto l’entusiasmo.

Ciò accade perché si vede la strada sbarrata di fronte al nostro desiderio che appare irraggiungibile, senza comprendere che la realizzazione di un obiettivo inizia già attivamente nel momento in cui lo si concepisce e comprende fra i passi più importanti proprio l’atto con cui si dispiega un progetto e si individuano le risorse necessarie.

Particolarmente importante è la considerazione delle risorse che mancano e che appaiono imprescindibili per il raggiungimento dello scopo.

Far queste è di particolare  importanza la disponibilità di informazioni necessarie per valutare la fattibilità del progetto concreto, per individuale le modalità di esecuzione ed i mezzi idonei.

Le informazioni utili sono fra le risorse più importanti, pensiamo infatti quante volte un progetto si arena già alle prime battute, all’atto di passare da semplice fantasia a intenzione concreta, perché non si sa “da che parte cominciare”.

Con particolare riferimento a questo tipo di risorse si può fare una considerazione che poi vale anche per tutte le altre: alcune competenze o utilità mancanti possono venire acquisite personalmente, altre è più opportuno, efficiente ed economico reperirle all’esterno.

Se per esempio mi pacerebbe propormi come babysitter in maniera innovativa, magari potrei pensare di offrirmi nella stagione estiva per la custodia dei figli di turisti stranieri di lingua tedesca che trascorrono le vacanze nel mio territorio.

A questo punto potrei accorgermi che necessito di tre risorse importanti di cui scarseggio: la fluidità nel parlare tedesco, la conoscenza delle procedure per adempiere agli oneri fiscali e le informazioni valide sulla consistenza numerica delle famiglie con figli che vengono in vacanza sul mio territorio prevenienti da paesi di lingua tedesca.

Per quanto riguarda la prima risorsa, evidentemente si tratta di una competenza che devo possedere personalmente di necessità per potere fornire il servizio che ho in testa, quindi dovrò informarmi dove reperire un corso di perfezionamento della lingua scegliendo fra quelli disponibili on-line o in presenza.

Per gli adempimenti fiscali potrei ritenere più economico delegare ad un commercialista quest’aspetto piuttosto che impiegare tempo e fatica per provvedere ad essi personalmente.

Per le informazioni sul flussi turistici che mi interessano invece potrei rivolgermi agli uffici di informazione turistica del territorio, alle agenzie di viaggio o ai portali degli assessorati al turismo dei vari enti pubblici locali.

Stabilita la fattibilità del mio progetto e la disponibilità delle principali risorse necessarie avrò bisogno di un piano esecutivo dettagliato comprendete una serie di tappe successive che mi aiutino a colmare la distanza fra il punto iniziale in cui mi trovo e la mia meta desiderata.

un obiettivo ben formato

A questo proposito è fondamentale che ciascuna di queste tappe in sequenza risponda a tre criteri fondamentali: concretezza, titolarità e verificabilità.

La concretezza è fondamentale, le varie tappe non possono che essere descritte se non nei termini di azioni che è possibile compiere materialmente. Ciò le distingue da semplici aspirazioni, aspettative, sogni o semplici desideri.

Il secondo criterio, la titolarità, è riferito al fatto che ogni singola azione prevista deve dipendere in ultima analisi dalla mia iniziativa personale.

Occorre vigilare per evitare la tentazione di delegare ad altri qualche passaggio fondamentale o peggio ancora farlo dipendere dalla speranza che qualcun altro determini le condizioni necessarie per ottenere il risultato.

Certamente perseguendo progetti complessi ed impegnativi è spesso necessario ed anche auspicabile pensare di unire la mia azione a quella di altri, ma ciò è ben diverso da rimanere ad  attendere che altri facciano quando ci occorre o delegare a loro la realizzazione di passi fondamentali limitandosi ad assistere.

Al contrario la disponibilità a coinvolgere persone di fiducia nei propri piani chiedendo esplicitamente collaborazione per qualche passaggio particolare è spesso fondamentale.

Diverso ancora è il caso in cui il mio intento debba essere condiviso con altri in qualità di soci co-titolari del progetto, una condizione spesso necessaria e molto utile a patto di condividere realmente obiettivi e valori guida dell’azione e che siano esplicitati e riconosciuti chiaramente sia i diversi interessi personali in campo, che il grado di coinvolgimento emotivo e materiale nell’impresa che ci si intende assicurare reciprocamente.

L’ultimo criterio considerato, la verificabilità, fa riferimento all’esigenza di procedere a un processo serio di verifica a tempo debito, nel momento in cui si è previsto il raggiungimento di un determinato grado di avanzamento del lavoro.

le verifiche

La realizzazione di tali momenti di verifica è in realtà uno dei passi fondamentali per compiere qualsiasi impresa. Nel caso la verifica abbia esito positivo, ovvero che sia stato effettivamente raggiunto il punto di lavoro previsto, sarà infatti possibile trarre incoraggiamento e spinta emotiva per la prosecuzione dell’impegno. Nel caso negativo in cui invece l’obiettivo non sia stato centrato, sarà invece importante procedere a verificare l’esistenza di possibili ostacoli, difficoltà o condizioni impreviste che, se non presi sufficientemente sul serio, potrebbero potenzialmente portare al fallimento di tutto il progetto complessivo.

Al riguardo è di grande importanza che un cospicuo ritardo nel lavoro non si accolga con troppa leggerezza o eccessivo fatalismo, perché tale evenienza è una sempre una spia da non sottovalutare mai.

Qualora si verifichi non è opportuno proseguire senza chiedersi quale ne sia la causa: potrebbe essere stata operata una cattiva valutazione della difficoltà del progetto, una stima insufficiente delle risorse necessarie o magari potrebbe essersi determinato un brusco calo nella motivazione a lavorare allo scopo. Un calo simile può avvenire se ciò che si vuole realizzare non corrisponde affatto in realtà ai nostri bisogni, perché sta interferendo con altre esigenze personali di cui non si è tenuto sufficientemente conto o perché sta turbando alcuni equilibri del nostro ambiente prossimo (famiglia, lavoro, ecc.). Può anche capitare che qualche elemento psicologico interno stia sabotando inconsciamente l’azione, agendo negativamente sul coraggio o sulla determinazione a raggiungere la meta.

Come è facile comprendere in tutti questi casi è fondamentale individuare il motivo di difficoltà sopraggiunto al fine di scongiurare il fallimento prematuro dell’impresa o, al limite, per evitare lo spreco di ulteriori preziose risorse in un’azione mal valutata e mal progettata.

il senso di fallimento

Naturalmente in quest’ultimo caso sarà da mettere in conto un certo contraccolpo emotivo, soprattutto se si è sensibili ad avvertire la precarietà della propria autostima.

Nel finale di questo lungo articolo destinato a toccare alcuni aspetti di rilievo per l’importanza di avere un piano consapevole per la propria vita, è giusto soffermarsi a segnalare il pericolo di incorrere in un distruttivo e invalidante senso di fallimento.

Spesso anzi si intraprende un progetto anche nella speranza recondita di smentire il senso di inadeguatezza che deriva da tratti della personalità di solito connessi con lo stile educativo cui si è stati sottoposti o a esperienza negative ricorrenti.

In questi casi il rischio è che precocemente ci si dia per vinti al primo scontro con una difficoltà, cogliendo nell’impasse un segno di quella che rischia di esser ne più, ne meno, una profezia auto-avverante.

In tal modo invece di smentire l’impressione negativa con un successo, si finisce per rischiare di confermare a se stessi la nefasta opinione che si sia destinati inevitabilmente al fallimento.

Capita ciò a molte persone che appaiono ripetutamente intraprendere con grande entusiasmo una miriade di iniziative, per poi lasciarle tutte incompiute dopo breve tempo, accumulando in misura crescete frustrazione e sentimenti depressivi.

Quello che invece ci testimoniano invariabilmente le storie delle perone che più di altre hanno saputo raggiungere l’eccellenza nei loro campi di azione è che il vero segreto del loro successo è stato il non darsi per vinti, la capacità ostinata di non scoraggiarsi ed in definitiva di fare di ogni apparente fallimento un potente trampolino da cui trarre forza, coraggio ed ispirazione per riprendere l’impresa fino al suo compimento.


Concludendo questa parziale riflessione sul modo di darsi un piano per la propria vita, concludiamo richiamando l’importanza di utilizzare e di potenziare particolarmente alcune capacità strategiche:

  • essere consapevoli della propria storia, di ciò che ci ha portati ad esser come siamo, del nostro modo di affrontare la vita, di ciò che ci condiziona e a cui scegliamo di essere vincolati, delle ambizioni, delle speranze e delle motivazioni che ci animano, dei nostri punti di forza e di quelle che sentiamo essere debolezze e che ci inducono a evitare certe esperienze
  • leggere il mondo intorno a noi, le opportunità, i rischi, il “mercato”, gli spazi liberi e le domande a cui possiamo dare risposta, le reti in cui siamo inseriti, le possibilità di sviluppare nuove relazioni e collaborazioni
  • valutare propri bisogni materiali ed espressivi di sé, avere presente la propria scala di valori ordinati gerarchicamente, formulare obiettivi ben formati con tempistica e tappe intermedie
  • monitorare nel tempo le opportunità, le risorse potenziali e le alternative in funzione dei macro obiettivi ed essere pronti a modularli o anche modificarli in coincidenza con importanti fasi esistenziali.
  • valutare con attenzione gli esiti della propria azione per guidarla in maniera intelligente fino al suo compimento.